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Mi stavo chiedendo: ma ha senso fare un'analisi microbiologica del sale alimentare, dato che per valori inferiori a 0,60 di attività dell'acqua (aw) nessun microrganismo riesce a crescere? E soprattutto, ha senso ricercare i soliti microrganismi: Listeria monocytogenes, Salmonella spp., Coliformi fecali, etc. pur sapendo che mal sopportano bassi valori di aw?
Non sarebbe forse più sensata la ricerca di eventuali microrganismi alofili latenti, magari in grado, una volta raggiunto il substrato in cui il sale dovesse essere addizionato, di svilupparsi allegramente?
Cosa ne pensate?
A presto! Giulio
Oggetto: Analisi microbiologica Sale Alimentare...
A priori credo che non abbia senso, per i motivi citati in merito all'acqua libera.
Io però distinguerei tra sale alimentare marino e sale alimentare da miniera.
Se pensi di utilizzare il primo la ricerca degli alofili è un'analisi che può avere un senso, nel secondo caso credo di no. Altro fattore da considerare è la modalità di conservazione del sale. Imballaggi ermetici impediscono l'attivazione dell'attività igroscopica, e in assenza di questa anche gli alofili non dovrebbero rappresentare un problema.
Infine dipende anche dal prodotto finito che vai ad ottenere. Se il sale utilizzato è per un prodotto che per esempio necessita di cottura direi proprio che il problema si azzera.
Ciao hai ragion Giulio, da quello che so io il sale è igroscopicoe batteriostatico in presenza di acqua
(soluzione acquosa) determina una certa pressione osmotica. Se un batterio si
trova in condizioni di ipertonicità (concentrazione di sale all’esterno della
membrana plasmatica del batterio maggiore
rispetto a quella all’interno con
conseguente maggiore pressione osmotica) determina nel batterio una perdita di
acqua, cioè si disidrata, muore o sporifica senza causare però alterazioni all’alimento.
-Inoltre il sale inibisce la crescita dei microrganismi in
quanto trattiene acqua del mezzo rendendo così impossibile lo sviluppo di microrganismi;
riduzione dell’activity water aw l’acqua si lega al soluto aggiunto con diminuzione
della tensione di vapore nella soluzione.Alcuni microrganismi (alofili) specialmente
quelli appartenenti al Genere Halobacillus and Halococcus sono in grado di sopravvivere anche in
condizioni di sale elevate (più del 25%); rispetto ai patogeni che resistono a
concentrazioni fino a circa il 10%
.Altri detti allotolleranti riescono a
moltiplicarsi in concentrazioni saline elevate.Per altro sia gli alofili che
gli allo tolleranti esercitano un’azione favorevole anche durante il processo
di salagione.Gli alofili infatti sono utili per individuare enzimi attivi in
soluzioni saline molto concentrate.
Io concordo per cui con Dexter penso sia necessario efettuare analisi microbiologiche in quanto tutto dipende dal tipo di alimento, dall aw, dal ph e da fattori estrinseci e ambientali. Ci sono ad esempio muffe che resistono anche a concentrazioni dell’
18-20%di sale.
torno su questa discussione poichè in questi giorni sto affrontando proprio questo problema, le analisi microbiologiche del sale.
In un primo momento non avevo dato molta importanza alla questione poi però parlando con un mio amico Chef, la questione si è complicata e vorrei adesso approfondire il tutto.
Il mio amico mi diceva infatti che il problema della contaminazione batterica del sale non è proprio così di secondo piano, può capitare che il sale sia contaminato da specie di batteri alofili che una volta a contatto con il substrato alimentare (carne o altre preparazioni) creano notevoli problemi di decadimento organolettico (colori anomali etc.). Per questo i "nonni" erano soliti tostare il sale prima di utilizzarlo in cucina.
E' vero che la normativa vigente (D.M. 106/1997) non prevede analisi microbiologiche ma questo non vuol dire che queste non siano necessarie.
Allora cerco di fare qualche precisazione e correzione su quanto ho riportato nel mio precedente post poichè avevo qualche dubbio su quanto riportatomi dal mio amico Chef ed ho approfondito la questione:
il motivo del decadimento organolettico di cui è stato vittima lo Chef è da imputarsi alla presenza nel sale alimentare impiegato di solfiti che, nel caso di adozione della tecnica di conservazione in sottovuoto, vengono metabolizzati dai Clostridi solfito-riduttori dando origine a mutazioni di colore della carne ed altri decadimenti. Ora a fronte di questo è sempre bene sottoporre il sale ad innalzamento termico al fine di far evapore tali solfiti.
Per quanto riguarda invece la presenza di batteri alofili e quindi le analisi microbiologiche del sale, mi piacerebbe avere vostre esperienze ed opinioni.
In linea di principio potrei pure essere d'accordo con il tuo amico Chef relativamente alle eventuali considerazioni microbiologiche sul sale; anche se (devo essere sincero) preferisco decisamente la tua precisazione riguardo ai solfiti.
Occorrerebbe, innanzitutto, capire cosa intenda esattamente con l'espressione "contaminazione batterica del sale". Nel caso in cui intenda affermare che un uso/conservazione inidoneo del sale (NaCl) possa comportare l'alterazione delle iniziali condizioni chimico-fisiche, ad esempio andando ad accrescerne sensibilmente l'umidità o apportando sostanza organica (vedi ad esempio mediante l'utilizzo di utensili non perfettamente puliti per il prelievo del sale... cosa del tutto plausibile in una cucina) e favorendo - di fatto - la proliferazione microbica, allora potrei essere concorde.
Segnalo, inoltre, questa interessante lettura che dimostra come la contaminazione batterica del sale non sia poi un'ipotesi così remota:
In particolare a pagina 178, in cui gli autori sottolineano come, cito testualmente, "Rapin and Grosseron (1914) have studied the possibilities of bacterial contamination of salt during the process of refining and Wolff (1914) made a study of highly refined salt used for butter making and of a less highly refined grade used for cheese making. Both investigators found that the more highly refined the salt the smaller the number of microorganisms present. Wolff showed that many of the bacteria found had a very marked effect upon butter when applied in pure culture to sterile material."
E' chiaro che, nell'ipotesi si volesse indagare in questo senso, occorrerebbe tenere a mente i presupposti che sono già stati illustrati nei precedenti interventi e pertanto individuare:
il tipo di sale, la modalità di produzione, consegna, stoccaggio ed utilizzo;
il tipo di prodotto/processo in cui il sale verrà impiegato;
i tipi di microorganismi da ricercare (abbiamo visto come non abbia alcun senso andare a determinare ad esempio quelle forme vegetative che vengono facilmente inattivate dalle elevate concentrazioni saline).
Vediamo cosa ne pensano gli altri amici di TAFF. Personalmente, ritengo interessante lo spunto di riflessione che ci hai fornito e che in parte avevo espesso nel mio primo intervento.
Penso che "Non ha senso" parlare di contaminazione microbiologica del sale perchè pur se presenti degli ALOFILI:
1) non sono batteri e/o Lieviti Patogeni... e risultano competitivi solo in ambienti fortemente salmastri come le salamoie.
2) non sono in grado di influenzare la microbiologia dei prodotti alimentari: Nel caso delle conserve, la pastorizzazione/sterilizzazione li ucciderebbe; Nel Caso di impiego del sale contaminato da alofili in Insaccati fermentati e/o prodotti lattiero-caseari fermentati, i Batteri ed i lieviti della fermentazione avrebbero il sopravvento sugli alofili. nel caso di prodotti da forno, la cottura li stroncherebbe.