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Varietà antiche: la riscoperta dei frumenti autoctoni

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Varietà antiche: la riscoperta dei frumenti autoctoni

L'attuale tendenza del Mercato porta a valorizzare sempre più i grani autoctoni italiani. Questa propensione al passato è mossa dal solo Business o è conseguenza della necessità di tutelare un vero patrimonio italiano, a lungo considerato antieconomico?



Tecnologo Alimentare
Pubblicato il: 21/11/2014

Premessa

Negli ultimi cinque/sei anni si è assistito ad una sempre maggiore richiesta, da parte dei consumatori, di grani antichi autoctoni biologici italiani; domanda che è diventata quasi un vero boom commerciale. I piccoli molini locali possono finalmente veder riconosciuti gli sforzi di anni, in cui la propria produzione non poteva sostenere il mercato.
In realtà, la nuova tendenza non coglie impreparato il settore dell'agricoltura italiano; in quanto queste varietà sono sempre state coltivate, ma nel passato la loro produzione era notevolmente limitata a causa della scarsa resa produttiva, della tendenza al fenomeno dell'allettamento, nonché delle proprietà reologiche che non permettevano elevate performance in termini di panificabilità e pastificazione. Molini che coltivavano il proprio frumento, nei propri campi, seguendo la filiera del biologico e del biodinamico e che macinavano a pietra, hanno avuto per anni vita molto dura, vedendosi letteralmente schiacciati dalle Aziende leader di Mercato che, importando massicciamente dall'estero e additivando volontariamente i frumenti, potevano permettersi di commercializzare le farine ad un prezzo di circa 3-4 volte inferiore.

Fabbisogno di Frumento Tenero

Occorre però precisare che la produzione italiana del frumento tenero in generale, ad esclusione proprio delle limitate produzioni autoctone locali di varietà definite "antiche", è molto limitata per la conformazione geografica e climatica del Paese.
L'intera Europa produce solamente il 20% della produzione mondiale di frumento tenero e l'Italia, all'interno delle sette nazioni europee maggiormente produttrici, è al quinto posto. I più grandi produttori mondiali di grano tenero sono la Cina, l'India, gli USA, la Federazione Russa ed il Canada. All'Italia, non essendo autosufficiente e non essendo in grado di sopperire alle richieste del mercato interno, non rimane che importare il 70% del frumento che consuma.
Da che c'è storia, in Italia i frumenti si sono sempre coltivati; anche se parlare di varietà autoctone forse è un poco azzardato, dato che con il passare dei secoli le varietà si sono modificate, sia naturalmente sia per mano dell'uomo.
Pane Nero d'Abano
(fig.1 - Pane Nero d'Abano)
Campo di Grano Duro biologico varietà Timilia
(fig.2 - Campo di Grano Duro biologico varietà Timilia)
Pane di Grano Tenero varietà Mentana
(fig.3 - Pane di Grano Tenero varietà Mentana)

La selezione delle colture

E' storia accertata che il frumento abbia avuto origine in Medio Oriente, dal quale si diffuse poi in Europa; mentre l'Etiopia fu la culla del Triticum durum. Tutte le popolazioni, che crebbero nella cosiddetta mezzaluna fertile (e non solo loro) basarono la propria economia sugli scambi commerciali, all'interno dei quali le sementi costituivano un bene prezioso. Ciò ha contribuito naturalmente al verificarsi di quella che, ora, definiremo la selezione delle colture, ovverosia quel processo per il quale sono state via via coltivate sementi che erano state acquistate/scambiate con altri popoli e pertanto in differenti condizioni climatiche e geografiche.

Lo sviluppo di nuovi incroci varietali

In sintesi: tutto questo, per mano della natura ed in sordina, ha contribuito a sviluppare nuovi incroci varietali tra i frumenti, provenienti da diverse aeree geografiche, appena acquistati e quelli locali mediante ibridazione naturale ed a stimolare naturalmente l'adattabilità ambientale delle sementi appena seminate. Se prima, tutto questo avveniva casualmente e per opera della sola natura, dopo il XIX secolo intervenne l'uomo con i primissimi studi di genetica ed incroci intervarietali.

Fu un obbligo per tutti gli studenti affrontare, per esempio, le Leggi di Mendel, le sue osservazioni sulla genetica e la riproduzione incrociata tra diverse varietà di piselli. A quel punto si spalancarono le porte a studi successivi d'incroci tra specie e varietà botaniche differenti di cui, uno su tutti, le selezioni del genetista agrario Nazareno Strampelli per produrre varietà di frumento come Mentana, Ardito (incrocio tra Rieti Originario italiano con varietà olandesi ed in seguito giapponesi), Senatore Capelli, ecc., per migliorarne la produzione, la resistenza alle malattie, al freddo, al vento, alla pioggia, alla siccità, ecc.

Le selezioni varietali

Le sue selezioni varietali sia di frumento tenero sia di duro, nei primi anni '30, interessarono più dell'80% della produzione nazionale e furono ottenute icrociando varietà italiane con tunisine, giapponesi, cinesi ed inglesi.

Negli anni '60 le varietà selezionate in origine da Strampelli furono piano piano sostituite da nuove specie sempre più produttive in termini di resa (pianta più bassa, scarso allettamento, resistenza alle malattie, ecc.) sia di panificabilità. Nel 1974 fu registrato il Creso, ottenuto irradiando con radiazioni nucleari il grano Senatore Capelli per indurre delle modificazioni genetiche sulla primissima pianta ottenuta circa alla fine degli anni '60; questa varietà divenne il grano duro per eccellenza fino ad interessare, dieci anni dopo, circa il 53% della produzione italiana di duro.

Dopo gli anni '80 si aprì, pertanto, una nuova strada di selezione botanica sempre più intensa da parte di tutti gli Istituti Universitari ed Enti di Ricerca atta a creare varietà nuove, dello stesso genotipo, con un maggior quantitativo di proteine insolubili, elevatissime rese/ettaro, maggiori prestazioni panificatorie, ecc.
Grano duro varietà Tuminia
(fig.4 - Grano duro varietà Tuminia)
Covone di Frumento
(fig.5 - Covone di Frumento)
Campo di Frumento post-trebbiatura in Emilia
(fig.6 - Campo di Frumento post-trebbiatura in Emilia)

Il graduale abbandono dei frumenti autoctoni in favore delle nuove varietà

I risultati, molto confortanti delle nuove varietà, relegarono ben presto e in pochi ettari i frumenti autoctoni e i produttori videro diminuire sempre più la commercializzazione del loro frumento. Spinti dai successi dell'ingegneria genetica, gli Istituti Universitari confinarono la coltivazione delle vecchie varietà in ridottissime aree, atte alla produzione di piante che potessero servire unicamente come termine di paragone per esaltare le migliorie apportate alle cosiddette nuove varietà.

E' chiaro che lo scenario agricolo/ambientale degli ultimi venti anni, a livello di varietà coltivate, si è modificato notevolmente, creando varietà con apparati radicali ridottissimi, culmo ed infiorescenze ridotte, utilizzo di concimi azotati per aumentare e modificare il contenuto proteico, adattabilità dell'ambiente alle colture, ridotte dimensioni delle piante, miglioramento genetico solo in termini di aumento eccessivo della produttività, ecc., hanno portato quasi al collasso queste linee omozigoti in termini di pressione selettiva, a favore proprio dei cosiddetti grani autoctoni e/o in alcuni casi primordiali. Quando si utilizzano aggettivi come antichi e autoctoni, immediatamente, s'innesca l'idea di un ritorno alle origini. Così è, anche se è necessaria comunque una piccolissima precisazione: le varietà attualmente definite autoctone, come abbiamo visto, tanto italiane in origine non erano (vedi incroci di Strampelli); mentre relativamente all'aggettivo antichi, questo può valere per moltissime varietà (Triticum monococcum, o il Triticum monococcum sp. dicoccum, spelta, monococcum, Triticum turgidum, ecc.) ma non per tutte.

Problematiche legate all'eccessiva selezione delle colture

A questo scenario di saturazione di colture molto selezionate si affiancano problematiche abbastanza importanti e certamente da non sottovalutare. In primis: la necessità di importare dall'estero 3/4 del frumento tenero che consumiamo, la mancanza di una legge sulla tracciabilità, l'utilizzo di fitofarmaci in campo e sulla cariosside (e consentiti magari nei soli Paesi d'origine), l'additivazione volontaria delle farine, l'aggiunta massiva di glutine secco alle farine, l'insorgenza di casi di celiachia e/o gluten sensibility, la pressione selettiva elevatissima delle nuove varietà, ecc., hanno portato ad una sempre maggior rivalutazione delle colture autoctone dei cosiddetti frumenti antichi. Problematiche che preoccupano il consumatore, sempre più soggetto ad intolleranze ed allergie alimentari che contrastano notevolmente con l'attuale concetto di cibo "salute e benessere", fanno sorgere lecite perplessità sui motivi del notevole aumento di persone affette da celiachia, malattia del colon irritabile, gluten sensitivity, patologie dell'apparato digerente.

E' difficile stabilire a priori la causa di questo incremento ponderale e tanto meno identificare i fattori scatenanti, ma una cosa è certa: le migliorie diagnostiche, gli studi clinici, la biochimica o screening della sequenza aminoacidica, gli studi genetici ed immunologici degli utlimi dieci anni hanno permesso di identificare le sequenze amminoacidiche QQQP e PSQQ tossiche per i celiaci (non per gluten sensitivity) e di comprendere il ruolo delle transglutamminasi.

Ad ogni modo, valutando lo screening biochimico delle gliadine e delle glutenine delle nuove varietà, si è potuto verificare che presentano una tipicizzazione aminoacidica differente oltre a possedere un maggior numero di sequenze responsabili di queste patologie, rispetto alle vecchie varietà selvagge e non mono varietali.

Vantaggi delle varietà autoctone di Frumento

La crescita di una pianta nella sua spontaneità, naturalità ed adattabilità ambientale (e non viceversa come nelle recentissime varietà) permette di ottenere specie particolarmente ricche di sali minerali, vitamine, sostanze fotochimiche naturali, garantire una miglior efficienza nell'uso dell'acqua, assenza di concimazione chimica del terreno, maggior digeribilità, miglior resistenza alle malattie per una maggior aerazione tra le spighette, minor ricorso a fitofarmaci contro gli infestanti, minor percentuale di glutine (W circa 100).

Grani provenienti da varietà autoctone e antiche sono sempre di più prodotti ottimali e di nicchia poiché è abbastanza difficoltoso avere una produzione su larga scala. Valorizzare queste colture significa: ottimizzare il recupero delle specie nelle zone di origine, disporre di un prodotto di nicchia in grado di distinguersi dai grani esteri d'importazione a livello industriale, ottimizzare il consumo e la quantità di acqua necessaria per la sopravvivenza delle colture, ottenere prodotti di elevatissima digeribilità ed impatto nutrizionale, diminuire l'inquinamento ambientale da fitofarmaci, rendere naturalmente non necessaria l'aggiunta di additivi volontari, rispettare la biodinamicità e la rotazione delle colture, garantire un apporto naturale di fibre, pentosani, polisaccaridi non amido, favorire la filiera corta, ottenere un prodotto profumato ed aromatico, sviluppare la cura e l'artigianalità fin dalle colture in campo; pur con la consapevolezza che tali colture dovranno restare nicchie di produzioni italiane limitate e non in grado di sopperire alla richiesta interna nazionale.

Conclusioni

Se dal campo alla farina il passo è breve, la stessa cosa non si può dire dalla farina al pane! Le problematiche di lavorabilità sono importanti perché occorre prima di tutto, insegnare agli artigiani professionisti a manipolare questi sfarinati. Occorre far mente locale, tornare indietro nel tempo e ricordarsi come i nostri nonni e i bisnonni artigiani lavoravano, quando non esistevano le attrezzature e le tecnologie attuali, la fretta odierna, i semilavorati, le miscele già pronte e le farine non dovevano sopportare lo "stress" della vita moderna. Sono produzioni che non devono sostituire quelle quotidiane degli artigiani, ma affiancarle per: rispettare, tutelare, difendere e certificare le piccole nicchie "Made in Italy".

Pensare di lavorare i grani antichi autoctoni con le tecnologie moderne significherebbe non averli compresi, ma soprattutto non aver capito la lezione di vita che la Natura ci sta dando: "Panem quotidianum terrae nostrae dona nobis, Domine, liberaliter" (Donaci, o Signore, con generosità il pane quotidiano prodotto dalla nostra terra).